specie di libri #22: Perchè un uomo dovrebbe essere ben vestito

by diego terna

Michael Edward Troy ha tradotto per l’editrice Metroverlag, nel 2011, alcuni scritti di Adolf Loos che riguardano la moda maschile e femminile, vista in una accezione molto ampia, cioè come forma di comportamento, di educazione, di buone maniere.

Il libro, dal titolo Why a man should be well-dressed. Appearances can be revealing, è un concentrato di frasi quasi esilaranti nel loro essere così puntigliose nella descrizione di un popolo “barbaro” come quello tedesco e austriaco, messo a confronto con la strabiliante modernità del popolo inglese. In questa raccolta di descrizioni, consigli, giudizi spiazzanti, la possibile ilarità che si può intravedere deriva da una sorta di ingenuità di Loos nel prendersi in carico dell’educazione di una intera nazione, del modo di rapportarsi dei suoi cittadini, delle maniere di porsi con il mondo esterno.

Eppure questo libro, così leggero a prima vista, ci fa sorgere alcuni interrogativi e riflessioni sulla professione dell’architetto e sul territorio proprio del suo lavoro:

Può oggi un architetto disquisire, con cognizione di causa ed esattezza di dettaglio, su una serie di argomenti che spaziano su campi così distanti tra di loro (dallo spazio architettonico, all’arredo, ai vestiti, al “bon ton”)?

E’ valido, oggi, quello che Loos propone con la sua critica, cioè pensare al ruolo dell’architetto come al referente di un’opera d’arte totale, che non vuole solo progettare architettura, cioè il contenitore delle vicende umane, ma che intravede anche la possibilità di regolare i modi in cui si esprimono le vicende umane stesse?

E’ possibile oggi pensare alla moda come ad una attività che possa referenziarsi ad un intero popolo? O, forse, ciò è reso impossibile da una estrema frammentazione di progetti e, soprattutto, di movimenti umani che mischiano ancor più le possibilità di definizione di uno “stile”?

L’architettura è ancora il campo privilegiato dal quale approfondire i dettagli della vita delle persone (prima con gli arredi, poi con gli oggetti, quindi con i vestiti e infine con i comportamenti) o sta esattamente avvenendo il contrario (la moda che fa architettura, l’arredo che si ingigantisce)?

Sono interrogativi a cui non è semplice fornire una risposta. E’ sicuro, però che le parole di Loos oggi, per quanto possano essere vere ed interessanti, suonano assolutamente stonate in un mondo in cui si persegue la logica della frammentazione dell’individualismo:

Now that we have estabished the basic premise and considered all eventualities we can formulate the following conclusion: an article of clothing is modern, when it is possible to wear it in one’s native cultural environment at a certain occasion in the best society and it does not attract any unwarranted attention. […] No nation has so many dandies as the Germans. A dandy is a person for whom clothes serve only one purpose: to stand out from the crowd.


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